Personal Branding: payoff o job title?
Quando lavoro alla definizione visuale di un brand, una parte importante del processo viene riservata all’elaborazione di un payoff che accompagni il nuovo logo.
Come ricorda Gaetano Grizzanti il payoff non è uno slogan né una frase conclusiva di un annuncio pubblicitario, bensì uno “specifico dispositivo testuale che fa parte degli elementi che compongono la brand identity di una marca.” Il payoff è a tutti gli effetti un elemento del brand. Lo completa e rafforza diventandone un elemento integrante in grado di “evocarne” tutti i valori.
Elaborare un payoff non è semplice. Proprio considerando questo suo “peso” deve essere scelto con cura. E non può essere cambiato se non dopo molto tempo ed elaborate strategie di redesign e rebranding. Si può dire che un payoff generalmente accompagna un brand durante il suo intero ciclo di vita.
Il termine “payoff” deriva dal lessico economico anglosassone e può essere tradotto con una sorta di “conto finale”. Un termine che mira a sottolineare la portata conclusiva che apporta all’intera brand identity.
L’elaborazione di un payoff è un momento molto importante nella definizione visuale di un brand. Richiede creatività, ma anche equilibrio. Bisogna concentrarsi sul potere delle parole, sul tono di voce e sulla loro capacità di raccontare la marca attraverso l’uso di pochissime parole.
Personalmente nello scrivere un payoff cerco sempre di seguire queste cinque semplici regole:
- Deve essere breve. Tre, massimo quattro parole.
- Deve essere facile da ricordare. Niente paroloni, inglesismi complicati o concetti troppo tecnici
- Deve aiutare il logo a far arrivare i valori della marca trasmettendone l’essenza più profonda
- Deve essere umile. Non deve definirsi in maniera altisonante con termini tipo “migliore”, “unico”, “top”, “the best”
- Deve incuriosire. Un payoff non mi deve parlare di quello che fai. Ma farmi venire voglia di scoprirlo
Ma se nei brand corporate la stesura di un payoff è il culmine di un processo strategico ben preciso, possiamo dire lo stesso per i brand personali?
Il consulente, il coach, l’architetto, il desginer hanno bisogno di un payoff o di un job title?
Se il payoff è una frase di chiusura che “avvolge” il logo, il job title è più semplicemente il ruolo professionale che una persona si attribuisce.
Nello scrivere un job title bisogna essere chiari e soprattutto specifici. Far capire bene di cosa ci occupiamo senza eccessivi giri di parole.
Quindi nel personal branding meglio un payoff o un job title? Banalizzando: un logo deve essere accompagnato da una piccola frase o da un descrizione lavorativa? Personalmente tendo sempre a scegliere la prima opzione. Precedenza assoluta al payoff.
In una strategia di personal branding dobbiamo pensare a noi stessi come ad un’azienda strutturata. Una realtà dotata di diversi reparti. Da quello commerciale a quello marketing, dove la comunicazione ha un peso importantissimo.
L’adozione del solo job title non rispetta questa impostazione. Per quanto importante, questa descrizione non ha un grosso peso comunicativo. Non è romantica. Non racconta nulla, se non le tue conquiste accademiche. Nel branding fondamentale è incuriosire chi abbiamo davanti. Invitarlo a seguirci, ammaliandolo e conquistandolo.
Un job title va bene in un curriculum, in una firma, sul profilo LinkedIn o sul retro di un biglietto da visita. Ma in ottica di personal branding farà sentire il suo peso quanto, per citare un grande classico, la ‘R’ di Marlboro.
È chiaro il concetto?