Quando la birra sa di tradimento. La promessa di valore di un brand
La promessa di valore: un impegno da mantenere.
Qualche giorno fa mi sono imbattuto in una conversazione su Facebook incentrata sulle caratteristiche di uno degli ultimi modelli di portatile targato Apple. Pur riconoscendo la bellezza e l’elevato standard qualitativo dell’oggetto, l’acquirente si mostrava deluso da una serie di mancanze della macchina.
Acquistiamo promesse
E’ sempre importante sottolineare che quando acquistiamo un prodotto di un brand famoso, non stiamo semplicemente chiudendo una transazione commerciale, stiamo chiedendo conferme a quella promessa di valore che, tempo addietro, quel marchio ci ha fatto. Perché per diventare un brand forte e di successo non basta raggiungere standard qualitativi alti, è necessario mantenerli e non tradire mai la fiducia del proprio pubblico.
Mi è tornata così alla mente la storia della birra Schlitz. La Joseph Schlitz Brewing Company era una delle più famose e conosciute case produttrici di birra americane.
Fondata nel 1849, è passata dall’essere “la birra più famosa prodotta in Milwaukee” al principale produttore statunitense dei primi anni del ‘900. Un’ascesa vertiginosa compiuta grazie ad un prodotto genuino, dal sapore inconfondibile con un brand solido apprezzato da un pubblico vasto ed eterogeneo.
Dove c’è gusto, c’è perdenza
Fino ai primi anni settanta la birra Schlitz contendeva il primato della bionda più venduta d’America alla rivale di sempre: la Budweiser. Una guerra senza esclusioni di colpi che la Schlitz pensò di vincere andando a toccare i costi di produzione per immettere sul mercato un prodotto ancor più economico.
Con la birra “Gusto”, si decise di intervenire sui tempi di fermentazione passando dal tradizionale metodo a 12 giorni ad un più rapido ed economico processo tarato su soli 4 giorni. Come se non bastasse, si pensò di sostituire il malto d’orzo con il meno caro sciroppo di grano.
Tutti questi cambiamenti non sembrarono intaccare la qualità del prodotto. I blind test confermarono che non vi era alcuna differenza tra le precedenti birre e la nuovissima “Gusto”. Ma la concorrenza non rimase a guardare e svelò al mondo le macchinazioni della rivale. Cosa ben più grave fu il comportamento della neonata “Gusto” una volta finita sugli scaffali. Dopo un certo periodo di tempo, infatti, la bevanda perdeva il suo colore naturale e vedeva svanire tutta la sua effervescenza.
Per i consumatori della Schlitz fu un colpo basso durissimo. Si sentirono offesi e traditi. La promessa di valore che avevano sottoscritto era stata infranta.
La “Gusto” fu ritirata dal mercato, ma ormai era troppo tardi. Il brand Schlitz, grazie anche ad alcune pessime scelte di comunicazione, non si riprese più ed imboccò il tunnel del fallimento.
Sposarsi col brand
Mantenere una promessa di valore per un brand, e per un personal brand, è compito arduo. Richiede costanza, impegno, coerenza e serietà.
Il consumatore, la persona che lo sceglie, va sempre rispettata e posta al centro di ogni decisione.
E’ come il sacro vincolo del matrimonio. Un legame solidissimo basato sulla reciproca fiducia che una volta rotto, richiede sforzi notevoli (non sempre destinati al successo) per essere rimesso in piedi.
Ite missa est.